Neuroscienze o Esternalismo? Le teorie sulla mente di Alva Noe

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La psicologia va molto oltre il cervello. Il filosofo Alva Noë rivoluziona il problema della coscienza proponendo una teoria nuova e fondata: la coscienza è qualcosa che noi facciamo, è definita dal nostro interagire con il mondo che ci circonda e dipende solo in parte dal sistema nervoso. Ciò costringerà a riconsiderare la natura della coscienza e, più in generale, la natura della relazione mente-mondo.

Alva Noë è professore di Filosofia all’Università della California a Berkeley, dove è anche membro dell’Institute of Cognitive and Brain Science e teorizza l' "esternalismo". Esternalismo è il termine che identifica una serie di posizioni nella filosofia della mente, accomunate dall'idea che essa dipenda da qualcosa che è esterno al sistema nervoso o al cervello. L'esternalismo si contrappone all'internalismo che ritiene che la mente dipenda solo dall'attività della materia grigia. L'idea di fondo è quella di superare il Fossato Galileiano, ovvero la separazione tra mondo mentale e mondo esterno. Ovviamente l'esternalismo non nega il fatto ovvio che, senza il cervello e il sistema nervoso, non si ha nessuna mente. Ma l'esternalismo mette in discussione 1) che il cervello sia sufficiente a produrre la mente e 2) che il cervello (o quello che i neuroni fanno o le loro proprietà) siano l'unica base fisica per i processi e/o i contenuti mentali. Per Kevin O’Regan e Alva Noe la mente è costituita dalle contingenze senso-motorie tra il corpo del soggetto e il mondo circostante. Una contingenza senso-motoria è un'occasione di interazione tra il corpo del soggetto e il mondo circostante. Per esempio, una forbice ha, tra le sue contingenze senso-motorie quella di essere presa infilando il pollice e l'indice e agendo in un certo modo. Oppure una linea retta ha la caratteristica di non mutare la forma percepita muovendo gli occhi lungo la sua direazione. Alva Noe ha accentuato l'aspetto epistemico della sua versione di "enattivismo", suggerendo che anche gli stati fenomenici non siano altro di ciò che il soggetto sa di poter fare in una certa circostanza: “Quello che la percezione è, tuttavia, non è un processo nel cervello, ma un'attività esperita da parte dell'organismo come un interno. L'enattivismo sfida le neuroscienze e propone nuovi modi di intendere le basi neurali della percezione e della coscienza”. L'enattivismo di Noe riceve sostegno da altre posizioni tra cui la cognizione embodied o anche dalla cognizione estesa che presta maggiore attenzione all'ambiente quanto tale. Tuttavia l'enattivismo è stato criticato da altri autori, in particolare da neuroscienziati come Christoph Koch: “Laddove i fautori dell'enattivismo sottolineano giustamente il fatto che la percezione avviene spesso nel contesto di qualche tipo di azione, io ho poca tolleranza quando rifiutano il ruolo centrale delle basi neurali della percezione. Se c'è una cosa di cui gli scienziati sono ragionevolmente sicuri, è che il cervello è sia necessario sia sufficiente per l'esperienza fenomenica”. Sarebbe comunque da far tradurre "Action in perception" di Noe, mentre è già disponibile in italiano "Perché non siamo il nostro cervello" (Ed. R. Cortina). Credo che i colleghi ed amici gestaltisti possano essere seriemente interessati a tale teoria, in quanto la GT, mi sembra, abbia diverse affinità con essa.