LA NOIA

"Se è vero che non ci angosciamo più di tanto, ma rischiamo di annoiarci in misura maggiore rispetto al passato, vuol dire che qualcosa è cambiato in noi e nella società in cui viviamo. Non si tratta evidentemente di predicare al vento o di filosofeggiare sul nulla dell’esistenza, ma di cominciare a riconoscere nello stato “rivelativo” della noia, e non solo, “la forza di gravità stessa della vita”, come dice Svendsen. 

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Il paradosso più evidente è rappresentato dalla nostra società che, se da un lato non riesce a capire il valore dei sentimenti autentici (in particolare delle persone malate), dall’altro diventa essa stessa inautentica,  assumendo  in  molte  circostanze  la  fisionomia  di  una  realtà  schizofrenica,  patologica, volgare  e  “povera  di  mondo”.  Una  società  anestetizzata  non  può  contribuire  a  far  emergere  tali  esperienze emotive dall’oblio in cui sono state cacciate.  La Stimmung particolare  della  noia  è  l’“apertura”  a  ciò  che  si chiude  al  senso,  e  precisamente  riguarda l’ente uomo “che si rifiuta” di accedere al suo essere. La sospensione del rapporto fiduciario e autentico  con l’ambiente storico-sociale, indipendentemente da situazioni di normalità o di patologia soggettiva, è il punto nevralgico da cui dovrà ripartire la riflessione filosofica e scientifica, illuminando quella zona “intermedia”, posta tra soggetto e oggetto, dove si collocano i significati esistenziali che andiamo cercando." (V. Di Marco)